30 Maggio

Sono stanca da morire.
Ho dimenticato in ufficio occhiali da sole e libro, era tardissimo e ho quasi perso il treno.
Ho camminato velocissimo fino alla stazione.

Cerco di tenere duro.
Mi sento continuamente presa a schiaffi. Dai posti, dalle foto, dagli odori.
Mi sforzo di sorridere molto.
Mi sforzo di restare concentrata.
Mi sforzo di fare programmi.

Ho voglia di mettermi a letto e non alzarmi. Di non mangiare e piangere fortissimo.
Sono stanca da morire.
Le giornate sono tutte uguali. Spossanti, grazie al cielo, così riesco a dormire.

Faccio sogni orrendi. Oppure sogni molto belli, su cose che non esistono.
Ho sognato chiaramente che mi tenevi abbracciata.
È tutto un razionalizzare. È tutto un ripetermi che con i vuoti so convivere, che sono indipendente, che so elaborare i lutti. È tutto un ripetermi che le ferite si rimarginano.

Non si rimargina un cazzo.
Ogni giorno è una coltellata nuova.
Non faccio in tempo a tamponare tutto.
Invece del sangue, ci sono pensieri orrendi, parole di canzoni.

Faccio sforzi immani per non pensare.
Sono stremata.

Provo a mettere in fila i pensieri, cosicché possa smontarli, farli a brandelli.
C’è la rabbia. Il senso di ingiustizia. L’impotenza. La nausea. La sensazione di perdere il controllo. L’amore grande, grande. La voglia di proteggerti. Il dolore. La delusione.
E poi la solitudine. Quel vuoto che ci guardo dentro e mi sembra incolmabile. Eppure basterebbe davvero poco.

Basterebbe una passeggiata mano nella mano in un posto bello.
Dividere le patatine fritte.
Basterebbe mangiare la pizza a letto in mutande. Essere abbracciata. Fare finta di ballare. Essere fissata fino a diventare rossa. Basterebbe incastrare la testa nella spalla.

Sono stanca.
Vorrei urlare.

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