10 Giugno

Continuano a dirmi che ci vuole tempo.
Continuano a dirmi che non è colpa mia.
Continuano a dirmi che forse è meglio così.

Ho due modalità ultimamente. O sono a lavoro o piango.
Piango in stazione mentre aspetto il treno, sotto la doccia, non appena chiudo la porta di camera mia.
Piango durante il weekend, quando non ho la forza nemmeno di alzarmi dal letto.
Piango la notte, perché ormai non dormo più. Mi sveglio di soprassalto alla fine di lunghi incubi. E la sveglia è sempre alle sei e un quarto.

Ho dei pensieri orribili e assurdi che non riesco a smettere di pensare. Mi vergogno quasi a farli. Non sono in grado di riferirli a voce alta, figuriamoci di metterli nero su bianco.

Col presente riesco a cavarmela.
Sono il passato ed il futuro il problema.

Non contare niente.
Non essere nessuno.
Non avere speranze.
Non avere un posto.
Non credere.
Non passa.
Non lasciarmi.
Non ne posso più.

3 pensieri su “10 Giugno

    1. Per fortuna c’è. Sono semplicemente un’infelice funzionale. Ho preso una gran bella sberla. Ma mi alzo, lavoro e rido anche. A ricostruire i pezzi rotti ci vorrà un bel po’. I brutti pensieri non sono “quei brutti pensieri”, grazie al cielo. Sono faccende striscianti, infantili, banali. Talmente oggettivamente cretine che mi vergogno pure di ammettere che il mio cervello li produca (se fossi stata migliore, se avessi guadagnato di più (!) ).
      C’è da lavorare sul sonno perduto e sui piantini. Potrei sempre assoldare dei sicari. Ma mi rifiuto di andare a fondo.

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