Arriva strisciando, senza fare rumore. Le prime volte ti svegli e la trovi lì, non sai da quando, non sai perché.
Ci vuole tempo per imparare a riconoscerla in anticipo.
La pagina di un libro che continui a guardare, ma non riesci a leggere. Un quaderno di appunti, che non vogliono rimanerti in testa. Fissare il vuoto e sentirlo mentre ti entra dentro.
Poi i giorni con le cuffie nelle orecchie. Non vi voglio sentire, state zitti. Fate rumore e non dite nulla. Il fastidio fisico ogni volta che ti si rivolge la parola. Le domande a cui rispondi ringhiando. Che c’è da domandare? Cosa cambia se rispondo?
Silenzio. Voglio silenzio e canzoni tristi e arrabbiate, perché io non so dirlo e loro sì.
Le notti insonni, lunghissime. Il computer, il libro, la tv. Fa freddo, fa caldo. Quando sembra che il sonno sia vicino, i pensieri. Quelli cattivi, minacciosi. Lo vedi che non hai concluso nulla nemmeno oggi? Lo vedi che sei sola? Che non c’è nessuno a stringerti forte e a dirti che andrà meglio? Che domani mattina non ci sarà nessuno contento che tu ci sia? I muscoli della schiena che si irrigidiscono, la mascella serrata. Tensione. Servirebbero gli abbracci per sciogliere quei nodi lì. E invece sei da sola. Lo vedi che sei sempre da sola?
E poi gli incubi. Sempre gli stessi. I posti labirintici, qualcosa che manca, qualcuno che ti insegue. Fughe lunghissime e stancanti, cercando una via d’uscita. Ma tanto alla fine ti prendono e non sai chi sono. Ma ti raggiungono e ti colpiscono alla schiena. Giusto al centro, tra le scapole. Allora ti sembra di sentirlo quel dolore e ti svegli di botto e lì, tra le scapole, senti dolore davvero. E resti al buio, immobile, aspettando di capire dove finisca il sogno e dove cominci la realtà.
Lo stomaco si chiude, non hai più fame. Mangi per tenerti in piedi. Senti bruciare fortissimo e non riesci a ingoiare nulla. Come se ci fosse qualcosa di incastrato in gola. Che non sa scendere. E ogni boccone è un tormento e basta, non me ne va più, davvero. E ti tocchi lì, sotto lo sterno, dove continua a bruciare. E spingi una mano contro, con forza, come se si potesse bucare la pelle e tirarlo fuori, estirparlo quel dolore sordo e insistente. Vorresti vomitare, buttarlo fuori tutto, quel male. Ma non ci riesci e allora lui sta lì.
L’apatia. Nulla ti interessa. Le giornate passano bivaccando tra il letto e il divano e quello stretto indispensabile che proprio non puoi evitare di fare. Esci e sembra di vivere un’allucinazione, Perché le persone FANNO? Ma non lo vedono come sono stupide? Come tutto questo fare sia insensato? Non lo capiscono che i loro discorsi non hanno senso? Il senso di estraniamento. Gli altri parlano e l’impressione di uscire fuori dal corpo e di vedersi dall’esterno. Che ci fai tu qua? Cosa cazzo stai facendo? Di cosa parlano? Perché ne parlano? A chi interessa? Siete stupidi, siete inutili. Perché non lo capite? Perché non lo vedete quanto tutto questo sia finto?
Non voler vedere, non voler sapere.
Silenzio, fate silenzio.
Io voglio dormire, voglio solo dormire. Si dorme un sonno pesante, senza sogni. Un sonno da cui ti svegli più stanco di prima. Ma voglio tenere gli occhi chiusi. E stare raggomitolata nel letto, con le coperte tirate fin sopra la testa. Non può succedere niente di brutto finché sono qua. Lasciatemi stare, non do fastidio a nessuno. Voi non datene a me. Lasciatemi tenere gli occhi chiusi e le coperte tirate fin sopra la testa.
Allora cercano di alzarti, di scuoterti. Ci provano con le buone. Ma tu vuoi tenere gli occhi chiusi.
Allora ti strappano via le coperte e ti trascinano fuori dal letto. Letteralmente.
Di peso. Ti vestono e tu strilli, strepiti. Lasciatemi, io voglio tenere gli occhi chiusi e le coperte tirate fin sopra la testa.
E poi ti trovi in una stanza, su una poltrona a parlare con una sconosciuta. E parli, parli per ore, parli di tutto. e ogni volta che finisci di parlare, ti senti sempre un po’ più svuotata. E impari a capire perché succede questo e quello e cosa fare quando succede. E intanto pensi che, se ti lasciassero tenere gli occhi chiusi e le coperte tirate fin sopra la testa, non succederebbe né questo né quello e non ci sarebbe nulla di cui preoccuparsi e nulla di cui parlare. Ma vogliono che parli, per poter trovare le cause. Se trovi le cause, scopri come rimuoverle e allora torni “normale”. E si dà la colpa a questa cosa e a quella persona, sì ma io non posso rimuoverle. Allora devi imparare ad affrontarle diversamente, devi imparare a conviverci. Ma io non son capace, non sono così forte, non sopporto abbastanza a lungo la sofferenza. Io voglio solo tenere gli occhi chiusi.
Allora ti trovi in un’altra stanza e parli ad un’altra persona sconosciuta. E ricominci a raccontare tutto da capo. E ogni volta che lo racconti, sembra che ciò che dici abbia sempre meno senso.
Ti danno una pillola perché i livelli di serotonina sono bassi e vanno stabilizzati e non prenderla male. A un diabetico si dà l’insulina, no? Eh, in fondo è uguale. Ma guarda che non ti cambia la vita. Ti aiuta, ma non basta a fare la differenza. Poi è solo per un po’, per coadiuvare la terapia cognitiva.
Sì, va bene.
Però adesso fatemi tenere gli occhi chiusi e le coperte tirate fin sopra la testa.
Hell here
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Nota a margine:
Lamentarsi delle cose che non vanno, drammatizzare, farsi prendere dallo sconforto è umano. Sono la prima a farlo e la trovo una cosa del tutto innocua.
La depressione è un’altra cosa. Con la depressione c’è poco da scherzare.
Leggo e sento persone che, con troppa leggerezza, invitano altri ad andare a curarsi, a cercarsi uno psicologo, magari davanti a un momento di sfogo o di conclamata debolezza.
Ecco, a volte, se si ignora ciò di cui si sta parlando, sarebbe meglio tacere.
Condivido al 100%
Ti do un consiglio non richiesto, che io per primo, un tempo, avrei bollato come fastidiose e inutili stronzate.
Puoi anche smettere di leggere, lo capisco.
Sii buona con chi merita e glaciale con chi no. E trova un uomo che condivida con te il dolore, perchè è il miglior psicologo che tu possa trovare.
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