Prova Costume

Oggi è successa questa cosa che sembrerebbe normalissima e che invece mi ha destabilizzato un po’.
Parleremo un’altra volta di come io venga destabilizzata da faccende del tutto banali, mentre riesco a gestire situazioni eccezionali con grande calma.
Comunque, dicevamo. Oggi mi è arrivato un costume. Un costume come lo cercavo da un bel po’. Niente di strano, eh. Una fascia nera con imbottitura estraibile  e una brasiliana non troppo brasiliana con i laccetti.
Sono andata in bagno, l’ho provato, mi sono guardata allo specchio e mi è venuto da piangere.
Ed è stato strano perché io, con gli anni sono venuta a patti col mio corpo, però in costume mi rifiuto di starci. Mi viene un senso di angoscia, di inadeguatezza alquanto peculiare, che non provo nemmeno in biancheria intima, per dire.
Io in spiaggia in estate non ci metto piede da anni. Non ci metto piede da quando c’era Lei, che fittava l’ombrellone per tutta la stagione e allora in spiaggia ci si andava punto e basta.
La spiaggia è stata il teatro di alcune delle più gloriose tra le mie crisi di panico.
Caldo, calo di pressione, panico.
E anche per questo forse non ci vado più. Poi io ho un sacco di abitudini che tutti mi hanno sempre detto che sono strane. Ho bisogno di avere sempre qualcosa da mangiare e dell’acqua, quando sono in giro, è un po’ la mia coperta di Linus. Quando la testa mi gira e mi viene la tachicardia e mi prende paura che io possa sentirmi male, bevo un sorso d’acqua, sgranocchio qualcosa e mi sento meglio. E mi prendono in giro, mi dicono che sono pesante, che sono fissata, che se volessi qualcosa da mangiare o da bere, potrei andarmelo a comprare. Sì lo so, ma dovrei cercarne uno e parlare col barista o che so io e in quella situazione, per me il tempo si dilata. Io ho bisogno di un sorso d’acqua e ne ho bisogno ora.
Lei lo sapeva, non mi ha mai rotto le scatole. Allora a mare potevo andarci senza pensiero. Con Lei non mi sono mai dovuta vergognare. E poi aveva sempre un pacchetto di crackers o una caramella e mi lasciava fare l’unica cosa che a me piace fare a mare: stare stesa a leggere.
Non sono mai andata troppo volentieri a mare con gli amici. Con loro devi parlare, fare il bagno, passeggiare, giocare a beach volley o a racchettoni. E io invece voglio stare stesa, mezza all’ombra e mezza al sole, a leggere. E dire poche frasi, pigre, inutili, banali.
A questo ho pensato, mentre ero davanti allo specchio in costume.
Poi ho pensato a un altro specchio, in cui mi sono guardata per anni. Dentro l’addome, giù le spalle, stendi il ginocchio. Ma sei comunque la più alta e la più grossa di tutte. La più ingombrante.
Non ho mai fatto diete ferree, ho imparato a nutrirmi in maniera equilibrata e che, nelle giuste dosi, ci si può permettere di mangiare tutto. Non sono carboidratofobica, non sono frittofobica, non sono carnefobica. Mangio di tutto, ma senza strafare. Non sono grassa, sono stata più pienotta, più muscolosa, ma grassa oggettivamente no. Sono alta uno e settanta e non ho mai indossato una taglia più grande della 44. E anche quello è stato per un periodo piuttosto breve.
Però ero sempre la più ingombrante.
Un anno, al saggio di danza, dovevamo mettere in scena Sherazade e indossare dei pantaloni da odalisca, con l’ombelico scoperto. Alla prova costumi mi sentì malissimo. Non ero grassa, ma non potevo certo segarmi le ossa. Poche settimane dopo ho lasciato la scuola di danza e non ho ballato mai più. Quell’imbarazzo non me lo tolgo più da dosso.
Lo stesso imbarazzo che mi hanno provocato tante volte gli sguardi di Padre o le battute di Fratello. Perché sei magra, ma potresti stare meglio. Sei magra, ma mangi troppo pane a cena. Sei magra, ma hai i buchi di cellulite sul culo.
Io rido, rido sempre. E dico che lo so. È vero, lo so che è vero. E faccio finta che non mi cambi niente, che, se vado bene a me, vado bene in assoluto.
Poi però oggi ho provato il costume nuovo e mi sono venuti gli occhi lucidi lucidi.

2 pensieri su “Prova Costume

  1. A volte vorrei che riuscissi a vederti così come ti vedo io – anche se poi penso che se dicessero a me una cosa del genere, non mi sentirei meglio. Perché sì, senza troppi fronzoli e troppo ricami. Perché sì, perché va così, perché non serve necessariamente un motivo e forse neppure ne esiste uno che sappia spiegare i nodi che ci teniamo nello stomaco e che di tanto in tanto vengono stretti, come se una mano invisibile ne tirasse le estremità per farci sentire che ci sono ancora, nonostante tutto. Vero, vorrei che riuscissi a vederti come ti vedo io, disegnata da parole, raccontata in qualche fotografia.
    Ma forse, la cosa migliore sarebbe stare lì, stese mezze al sole e mezze all'ombra, a leggere. Senza parlare.

    – chiara

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