Il decluttering, il crochet e la follia omicida

Sottotitolo: “Il dramma di Kella e la s/s2 2015”

Siccome, come al solito, qui vige la regola del “mi disagio es tu disagio”, inauguriamo oggi una serie di post per cercare di capire cosa cazzo metterci* addosso nei mesi a venire.

* il lettore interpreti liberamente il plurale come uno strumento retorico per coinvolgerlo e invogliarlo ad esprimere la propria opinione su tale scottante tematica o come sintomo della kafkiana metamorfosi di Kella in Mago Otelma.

Sono perplessa.

Il mio armadio è ridotto ai minimi termini, avendo subito delle purghe che nemmeno Stalin ai tempi d’oro. Ho buttato circa il 70% dei miei vestiti.  Tutto ciò che non mettevo da troppo tempo, tutto ciò che era troppo grande o troppo piccolo, tutto ciò che non sapevo abbinare o che disturbasse eccessivamente l’armonia cromatica del guadaroba. Sono stata colta da un sacro fuoco. di origine assolutamente ignota, che mi ha costretto a riempire buste su buste di “lo conservo e poi magari penso a come metterlo”. Io, l’accumulatrice seriale. Quella che fatica a separarsi anche dagli scontrini della farmacia.

Colta da una forma di minimalismo, ho operato una forma spietata di decluttering, che ha fatto sì che, ad oggi, il mio guardaroba sia così composto:

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I PANTALONI:

– n°2 jeans skinny Fornarina Eva: il più bel modello di sempre, ma quanto cazzarola costano. Dei due, solo uno è della misura giusta; l’altro è almeno una taglia troppo grande e posso metterlo solo con la cintura.

– n° 1 skinny nero di Zara, risalente al mesozico e probabilmente almeno una taglia troppo grande anche questo, in quanto non portabile senza cintura.

– n°1 girlfriend jeans di H&M: baggy il giusto, lavaggio chiaro, molto comodo. Difficile da abbinare come proporzioni.

GLI SHORTS

– n°4 shorts in denim di vari lavaggi e con vari livelli di distruzione, sfrangiature. Tutti molto corti. Molto.

– n°1 short in ecopelle nera, modello running. Tanto carino. Tanto difficile da abbinare mannagialcazzo.

– n° 1 short crochet di Zara che non solo è corto, ma è anche color pesca. Come se potessi permettermi uno short crochet color pesca. Come se fossi in grado di abbinare uno short crochet color pesca.

– n°1 short nero con bordo in pizzo di Zara. Una roba che, se sbagli abbinamento, è un attimo che ti vengono a chiedere quanto prendi, mentre attendi l’autobus alla fermata.

LE GONNE

– n° 1 gonna di pelle a ruota di Zara. A vita alta. Serve una tecnica del tutto particolare per sedersi senza pendersi una candida fulminante, appoggiando le pudenda a contatto diretto con una superficie a caso.

– n°1 origami skirt nera. Che gli dei della moda la abbiano in gloria, sarà pure vista e rivista, passeé, fuori moda, così 2013, ma mi ha salvato le chiappe in una molteplicità di situazioni e le voglio molto bene.

– n°1 gonna in ecopelle H&M. Corta pure questa, ma almeno non ci rimango nuda. Praticissima, versatilissima, pagata pochissimo. Il panico per capire con che scarpe abbinarla.

-n°1 gonna a fascia a fantasia b/n. La guardo con diffidenza. Non la so abbinare ed è corta e le fantasie mi fanno paura aiuto mamma!

-n°1 gonna blu elettrico a vita alta di Zara. Piuttosto elegante, di una lunghezza accettabile, di solito mi salva il culo quando devo andare ad una cerimonia/occasione formale/circostanza elegante. Mi fa pensare che potrei abbinarla ad un crop top e l’idea mi attrae e mi repelle nello stesso tempo.

I VESTITI

– n°1 maxidress nero senza spalline, per quando lo scazzo mi coglie in piena estate.

– n° 3 Little Black Dress, di varia foggia e tipologia. Tutti corti, proprio corti.

– n° 2 vestitini a fiori, di cui uno skater dress molto Anni ’90, che, se c’è un alito di vento, mi lascia in mutande ed un tubino di Topshop che adoro, ma fa schifo a tutti quelli che conosco, solo perché somiglia alla fodera di un divano.

I TOP

– n° indefinito di magliette e canotte bianche/nere/grigie, quasi tutte tinta unita, quasi tutte di pessima qualità.

-n° 4 magliette rosino/peschino/beigino.

– n°2 camicie da donna oversize, rosa e color mattone. Usate pochissimo perché rosa e color mattone.

-n°2 camicie di Abercrombie.

– n° 2 camicie di jeans, delle quali una mi piace solo aperta e l’altra è super oversize e non la posso usare sui jeans perché sta male ma ditemi se è vita questa.

-n°1 camicia senza maniche a righe verticali bianche e nere di Zara, comprata in un momento di iluminata follia. Finisco sempre per dimenticarmi di averla. In effetti me ne stavo dimenticando anche ora.

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Dunque, io ho dato un’occhiata nell’armadio, proprio per vedere se mi fossi dimenticata qualcosa, ma ho trovato giusto qualche felpa nera o grigia, un leggins nero e un pantalone di tuta da casa, oltre che una serie di cardigan neri e grigi più o meno lunghi. Poi non c’è più nulla.

Voi capite che non si può vivere così, che ho bisogno di comprare, di avere nuova roba. Non ho nulla da mettermi. E, quel che è peggio, non mi piace nulla. Sono settimane che guardo le vetrine, giro per negozi, consulto shop online e nulla. Niente, nisba, zero. Non c’è nulla che mi piaccia in giro. Non c’è nulla che stimoli la mia bramosia di vestiti, scarpe, accessori. Il che è preoccupante.

Buona parte del problema risiede in questo fastidioso ed esteticamente ripugnante discutibile mix di Anni ’70 ed Anni ’90 che gli/le influenZers vogliono a tutti i costi propinarci e le catene low-cost con loro. Ho girato Mango, Zara, Bershka, Stradivarius, H&M, Pull&Bear, Asos, Pimkie, OVS, Tally Wellj (la disperazione ha ragioni che la ragione non conosce e che ti spingono a guardare se ci sia qualcosa con cui coprire le pudenda perfino da Tally Wellj) e dovunque si respira quest’aria da wannabe Coachella però minimal però figli dei fiori però 100% poliestere perché siamo low cost mica per nulla.

I MORTACCI VOSTRI E DEL COACHELLA.

In questo mare magnum di crochet, crop top, stampe floreali, frangesufrangesufrangesufrange e colori, mi aggiro io, novella Alice di nero e grigio vestita, caduta nella tana di un Bianconiglio con evidenti problemi di dipendenza da LSD.

La mia violenza impenna davanti ai kimono 100% nylon, più infiammabili di una tanica di benzina. Mi prudono le mani guardando quegli orridi, terrificanti, vomitevoli coulotte pants. Mi sale il crimine ad ogni abbinamento top crochet e mommy jeans che incontro sulla mia strada. Mi viene voglia di urlare sentendo complimenti sperticati rivolti a persone vestite come cosplay di Jimi Hendrix a Woodstock, dopo un inverno passato a esaltare le gioie del minimal scandinavo, linee pulite, cappotti oversize e senza orpelli, tirati fuori dai Nineties e mocassino preppy.

Dormirò abbracciata alla mia collezione di magliette nere tinta unita di pessima qualità, stanotte.

Smutandati

Insomma ho aperto il pc e mi sono ritrovata inondata di immagini di peni.

Avanti, fatela la battuta del cazzo (!) sui siti web da me frequentati *ammiccamento, ihihihihihihih, ammiccamento*
No, pezzi di imbecilli. 
Questo tripudio di genitali maschili ci è stato gentilmente offerto dalle sfilate parigine per l’autunno/inverno 2015-2016. Rick Owens ha infatti avuto la geniale idea di far sfilare i suoi modelli col pisello al vento, sostenendo che “la nudità è il gesto più semplice e primordiale”.
Attualmente sul sito di Vogue non compare ancora la recensione della sfilata, suppongo che sia perché in redazione stiano ancora tutti dibattendo sulla domanda che inevitabilmente sorge, assistendo a tale spettacolo: MACOSACAZZODICI RICK OWENS?
In giro per il web se ne leggono già di ogni genere e tipo. Pare che lo stilista con velleità da andrologo sia stato ribattezzato “Dick Owens” da qualche insider molto simpy.  Né mancano i soliti mentecatti che acclamano il gesto di dirompente trasgressività con i soliti “GENIO! TROPPO AVANTI!”. Non mi stupirei se qualcuno avesse anche esclamato “MINCHIA ZIO, SEI TROPPO TOGO!”
Perché, francamente, ad esaltarsi per uno che si è dimenticato di mettere i pantaloni ai propri modelli può essere solo qualche mentecatto di quelli che sono andati in giro vestiti da Spongebob dalla testa ai piedi, dopo la sfilata di Jeremy Scott per Moschino. Esaltati disposti a tutto pur di finire in una rubrica di street style di quart’ordine.
Cioè tirare fuori lo scroto sarebbe un gesto di rottura? Nel 2015 pensiamo ancora di sconvolgere proponendo la nudità totalmente fuori contesto? ANCORA?
Santoddio la Pausini ha mostrato la patata in pubblico! LA PAUSINI! La cantante più nazionalpopolare del paese più cattolico d’Europa. E noi dovremmo sconvolgerci per questi pezzettini di carne dondolanti? 
Io sono una shopaholic senza speranze, ma non una fashion victim, temo. E sì, la moda è talvolta al confine con l’arte, è concetto prima di essere oggetto d’uso. Ma questa collezione è stata concepita (cito testualmente) per “l’uomo metropolitano”.
No, dico, deve essere un sacco igienico andare in giro per metropoli a palle al vento. Immagino che momento glorioso debba essere, per esempio, sedersi su un mezzo pubblico. Già vi vedo in fila alla posta, a pagare la bolletta del gas col pisello en plain air. Cosa non darei per documentare le reazioni ad una improvvisa folata di tramontana, per vedervi correre cercando riparo in occasione di un temporale inaspettato. 
A casa mia si è sempre pisciato con la porta aperta, sono dunque cresciuta poco sensibile all’effetto scandalo di un pisello all’aria. 
Il punto che credo si debba sottolineare (nonché mia fermissima convinzione personale) è che il pisello non è esteticamente bello.
Andiamo, su, bisogna ammetterlo. Se storco il naso davanti a un uomo che sfila smutandato, ma nemmeno faccio caso alla modella a tette al vento non è per una forma di vergogna bigotta preadolescenziale. Semplicemente le tette sono belle e i piselli no. 
Bisogna rassegnarci a questo fatto: il corpo femminile è più bello del corpo maschile.
Sia chiaro, non parlo di gusti sessuali o di attrazione fisica. Parlo dell’aspetto puramente estetico. Non possiamo negare che un corpo nudo di donna possegga una armonia formale che al corpo nudo di un uomo manca. E infatti gli antichi Greci (che di bellezza ci hanno capito più di tutte le culture successive messe insieme) i piselli li rappresentavano piccoli, anche quando si trattava di statue di eroi, atleti, condottieri e via discorrendo. 
E’ UNA FOTTUTA QUESTIONE DI ARMONIE.
Aggiungiamo a tutto ciò che alcune fotografie mostrano piselli particolarmente poco gradevoli da un punto di vista estetico. Rick Owens ma come li hai fatti i casting? Se proprio dovevi (e secondo me non c’è alcuna necessità, lo ribadisco), potevi almeno assicurarti che i tuoi modelli non soffrissero di orchite!
Disclaimer: io il pisello lo chiamo pisello. Per quanto trovi azzeccata in taluni contesti l’associazione di maschio-dolore, ho sviluppato un’idiosincrasia verso la parola “pene”, che mi fa venire in mente le pene nel senso di sofferenze. Tale profonda riflessione mi si palesò molti anni fa, leggendo un libro della leggendaria collana “Le Ragazzine”, imprescindibile pilastro della mia formazione personale. 

You’d Better Not Cry

Insomma anche quest’anno è arrivato il periodo in cui insostenibile diventa l’attesa. Conti i giorni e le ore che mancano, sbirci tra le foto di Pinterest per farti un’idea di cosa aspettarti, segui i preparativi attraverso gli account di Instagram.
No, che avete capito, non sto mica parlando del Natale. Parlo del Victoria’s Secret Fashion Show, ovviamente.
Come ogni anno si è compiuto il rito: scegli una sera in cui non sei particolarmente di buon umore, procurati una porcata ipercalorica di tuo gradimento. Indossa il pigiama più brutto che possiedi, infilalo nei calzini antiscivolo e abbinalo al plaid in pile (cosicchè le scariche di elettricità statica amplifichino  l’atmosfera edgy, tutta lustrini e paillettes dell’evento). 
Prima di premere play e far partire lo streaming, è necessario una preparazione interiore specifica. Siamo psicologicamente pronti a questa zarrata intercontinentale (quest’anno lo show si è tenuto nella zarrilliana Londra snob e bionda, con un filo di follia)? Siamo pronti alle tonnellate di led, piume, swarovsky, giochi di luce, ali, scarpe da passeggiatrice della salaria e ammiccamenti vari? Siamo pronti a veder vacillare le nostre preferenze sessuali? Ricordiamo a memoria il numero di buchi di cellulite sul nostro culo? E quello dei pori dilatati della nostra zona T? Abbiamo una chiara immagine mentale di noi in costume? Abbiamo ripassato le bestemmie in sei lingue da rivolgere allo schermo? Siamo in grado di bestemmiare correttamente in sei lingue, pur avendo la bocca piena della suddetta porcata ipercalorica?
Molto bene, è il momento di procedere e guardare lo Show.
Durante la visione, ho elaborato delle riflessioni. 
No, non sto parlando del Grande Quesito che mi pongo tutti gli anni, guardando la sfilata e cioè siamo del tutto certi, al di là di ogni ragionevole dubbio, che noi e loro apparteniamo alla stessa specie? No, non mi riferisco nemmeno alla Dilaniante Domanda ricorrente, che accompagna l’ingresso in passerella di ogni singola modella e cioè PERCHÉ, DYO, PERCHÉ?!
Si tratta di questioni contingenti, riferite alla sfilata di quest’anno in particolare, ma che non per questo vanno sottovalutate.
Procedo ad illustrare:
  • Chi è il macellaio che ha tagliato i capelli di Jourdan Dunn? Voglio dire, stiamo scherzando? La Victoria’s Secret Angel con Lo Sfumato Préférence di L’Oréal Paris? L’anno prossimo cosa dovremo aspettarci, il frisé? (Non lasciatevi ingannare dalla foto, in passerella era agghiaggiande, tipo me, quando asciugo i capelli senza mettere il beccuccio sul phon e poi passeggio sotto la pioggia).

  •  Quale unità di misura va usata per misurare le gambe di Karlie Kloss? Il chilometro? L’anno luce? Il parsec? No perché, davvero, far sembrare delle nane Behati Prinsloo e Alessandra Ambrosio è qualcosa che nemmeno nelle mie più sfrenate fantasie avrei potuto concepire.

  • Ignoravo che Edgar Allan Poe si fosse reincarnato. In ogni caso, perché questa nota cimiteriale durante uno spezzone intitolato “Fairy Tale”? Che razza di fiabe ti leggevano da bambina, Victoria?


  • GLI. ADDOMINALI. DI. IZABEL. GOULART.
  • Adriana e Alessandra assolutamente divine, assolutamente Angels, assolutamente poppute con i Fantasy Bra. Concordiamo tutti che la chitarra di Ed Sheeran fosse in realtà uno strumento per mascherare barzottismi, un po’ come i cuscini nelle esterne di Uomini e Donne?


  • Suppongo che al CERN di Ginevra si siano già messi all’opera per riscrivere le leggi della fisica, chiaramente violate dal culo di Candice Swanepoel.

[Ci credereste? Non ho trovato una foto di quest’anno. Però penso che questa renda bene l’idea]
  • Ufficializziamo il fatto che Behati sia la nuova Miranda? Ma soprattutto, dove era Adam Levine? Adam Levine chi ti ha dato il permesso di non essere in platea? Non eri presente perché temevi di cadere in tentazione, nonostante tu ti ci sia accasato con un Angelo di Victoria? Ora come minimo toccherà rifare l’intero show da capo, perché, voglio dire, che senso ha un Victoria’s Secret Fashion Show, se nel parterre non c’è Adam Levine che manda bacini al suo Angelo di turno?

  • Ariana Grande, bella di casa, io lo so che, quando ti hanno detto che ti saresti dovuta esibire durante lo show, hai avuto un mancamento. Io solidarizzo con te, Ariana. Posso immaginare il trauma di dover essere una ragazza normodotata, ma perennemente infighettata per sembrare una lolita supersexy e doversi confrontare con La Bellezza. Ma questo non ti giustifica, Ariana. Non ce l’avevi un’amica che ti dicesse che è un’idea epicamente demmerda quella di andare a dimenarti tra gli Angeli di Victoria con le calze color carne per la flebite? L’hai vista la Swift, Ariana? Si è coperta il culo, si è imbottita di autoabbronzante autoriflettente sulle gambe e non sembrava nemmeno troppo racchia accanto alle divine. Che spettacolo desolante quelle calze antitrombo contenitive da 250 den, con parigina strizzacotechini sovrapposta, Ariana.
Meno male che ce n’è solo uno all’anno, di Victoria’s Secret Fashion Show. Una specie di regalo di Natale da parte della nostra Coscienza Estetica.
Adesso che avete finito di guardarlo, siete pronti a riempirvi come tacchini farciti durante l’intero periodo natalizio. 
You’d better watch out, you’d better not cry.