Sabato mattina, prima del primo caffè.
Spunte blu su WhatsApp. Nessuna risposta. Ancora.
L’invisibilità.
La sparizione come arma per combatterla. D’altra parte sparire resta il miglior modo per farsi cercare.
Oggi voglio stare da sola, non voglio essere cercata.
Tu vuoi essere cercata e pensi che l’unico modo ormai per valutare se l’Altro abbia avuto davvero un Pensierodite sia fare in modo che non gli venga in mente di scriverti dopo averti visto Online, postato qualcosa su Facebook, caricato una foto su Instagram.
Ma sparire per essere cercati non è sparire.
La conferma di lettura dalla quale ci facciamo tanto rovinare la vita è niente altro che l’AR7090 di chi vorrebbe sparire, ma non ha ancora capito che la guerra con le armi non ha mai funzionato e mai funzionerà.
L’indifferenza non rappresenta più il maggior disprezzo come dice Nonna, perché l’indifferenza non esiste e non esisterà più.
Online 1 Indifferenza 0. Questa è la verità.
Una vittoria schiacciante che qualcuno potrebbe provare a mettere in discussione, ma.
Se lo blocchi non ti è indifferente. Se cancelli il numero non ti è indifferente.
Stai a bara’.
È un desiderio che deve essere legato in qualche modo alla possibilità che ormai abbiamo di far sapere qualunque cosa ci riguardi.
Ma chi sparisce davvero non sparisce per essere cercato. È questo il grande paradosso.
Chi sparisce per davvero non crede di voler tornare. Chi sparisce per davvero non lascia tracce di sé. Non avverte, non minaccia, ti svegli un giorno e non c’è più.
Hai presente Gone Girl? Quella fa uno scherzetto al marito il giorno del loro anniversario e sparisce assicurandosi di avergli lasciato dosi di “tirovinolavita” a sufficienza fino al suo ritorno.
Sparire è un lavoro meticoloso, di precisione. Alla fine davvero è un po’ come morire.
Come sparirei se non volessi essere cercata? Lo farei?
C’è il suicidio.
Clinicamente, il suicidio, non è sparire. Tutt’altro: clinicamente è un atto di aggressività. Un voler rimanere pur non essendoci. Sparire davvero è il vero suicidio.
Che non credo sia necessariamente suicidio fisico. Hai presente il Fu Mattia Pascal? Si può uccidere una persona senza uccidere il corpo.
Esattamente.
Sarà per questo che sparire è un gesto estremo; sparire meticolosamente, sparire senza lasciar traccia, sparire fisicamente e non solo disattivando un account. È per questo che ci attira così tanto?
I social sono la parte più “vera” di molti, dal punto di vista dell’esporsi emotivamente. Perché, fino ad un certo punto, ci proteggono.
L’indifferenza è sempre il maggior disprezzo quando è vera. Però i social spostano il punto. Se aggiungi un nuovo piano della realtà alla realtà, anche i sentimenti diventano doppi.
Poi mi dirai che i social non sono veri quanto la vita vera.
I social non sono la realtà perché ci inducono a fare valutazioni con meccanismi differenti, dei quali non siamo fino in fondo provvisti. È come se volessimo ascoltare con gli occhi e guardare con le orecchie.
Io tra social e realtà ci vedo la differenza simile a quella che c’è tra scritto e orale.
È il tempo di reazione che fa la differenza; la possibilità di poter riflettere sul significato di quello che noi e gli altri diciamo/scriviamo.
Perché in quel tempo ognuno ci mette quel che vuole, in base alla propria necessità di trovare un senso.
È e rimarrà una dispercezione perché tutto diventa oggetto di troppe interpretazioni.
Il social è un mezzo di comunicazione che viola quasi tutti i principi della comunicazione così come questa è stata categorizzata dagli studiosi di Palo Alto. Viola tutti gli assiomi, tranne uno: non si può non comunicare.
Ma si pone un problema. Si è creata una dimensione di mezzo nella comunicazione e questo fa sì che si crei una dimensione di mezzo anche per la vita interiore della persona. Il mezzo è il messaggio.
E allora ha senso il fatto che sparire non sia proprio sparire.
Si tratta di una temporanea sospensione di un livello di realtà. Su cui comunque investiamo gran parte della nostra vita interiore. Perché nella realtà la vita interiore va troppo veloce, sui social abbiamo una falsa percezione di controllo.
Ma allora il punto è: esiste sparizione vera?
Mattia Pascal sparisce e non per essere cercato. Amy di Gone Girl pure. Tuttavia il loro stesso esistere ne nega la sparizione. E infatti entrambi,alla fine, sono costretti a tornare alla realtà.
Forse, sparisce davvero chi non sparisce da qualcuno o da qualcosa, ma da se stesso.
Forse meriteremmo tutti di poter sparire.
Forse è un istinto primordiale, che appartiene a tutti noi e che oggi ci illudiamo di poter saziare disattivando un social.
Allora può darsi che non esista in ogni caso la sparizione completa. Il massimo a cui possiamo ambire è una temporanea sospensione della realtà. Ed il modo più facile per ottenerla è chiudere i social.
Che però non sono la realtà. È un paradosso.
Ma sono un surrogato della realtà.
E quindi chiudere il social è un surrogato della sparizione.
Ma quindi ti ha cercato?
No, però ha messo un cuore all’ultima foto su Instagram.
Metto su il caffè.

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