Storia di Storie

C’era una volta, in un paese lontano lontano, una bellissima principessa, con gli occhi grandi e belli e il sorriso dolce dolce. La principessa era tanto bella, ma non lo sapeva, perché non aveva specchi nel suo castello. Aveva un animo gentile ed una bellissima voce e le piaceva usarla per raccontare storie. Una volta, una strega cattiva, gelosa di lei, lanciò un maleficio su tutto il Regno: qualunque cosa la principessa avesse detto, le sue parole sarebbero state percepite come rumori terribili. La principessa, disperata, decise di chiudersi nel castello e non aprire mai più bocca.

Però era triste. Aveva tanti tanti pensieri, immaginava cose, le disegnava nella sua mente, inventava racconti e non aveva nessuno con cui condividerli. Era triste, la principessa, perché sentiva che, a forza di starsene da sola in silenzio, stava perdendo la voce.

Una sera, mentre era ancora una volta chiusa nel castello, pensando al suo triste destino, le apparve la Fata Madrina. “Principessa – le disse – la strega cattiva ha cambiato la tua voce, ma non il tuo cuore. Il Regno era incantato dai tuoi racconti, non dalla tua voce. Devi solo trovare un modo nuovo per farti ascoltare. Per questo ho deciso di regalarti un blog su WordPress, in cui potrai scrivere tutte le tue storie e raccogliere quelle degli altri, cosicché tutti possano conoscerle.”

La principessa aprì il suo pc, cliccò sul tasto “Nuovo Post”, iniziò a scrivere e finalmente, dopo tanto tanto tempo, ricominciò a sorridere.

E tutti vissero felici e contenti.

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Storia di Storie non è un semplice blog, è un progetto a cui tutti sono invitati a partecipare. Ognuno di noi ha qualcosa da raccontare, per quanto banale, per quanto mal scritto. Ognuno ha una storia. Ogni storia è degna di essere scritta e ogni storia prima o poi verrà letta.

Chiara è la mia Principessa. Passate dal suo regno.

New Beginning

Insomma tira una certa aria di cambiamenti da queste parti, che dite? Che ve ne pare di questo posto nuovo? A me non dispiace per nulla, mi sembra più ordinato, pulito. Più sensato. E devo complimentarmi con il Signor WordPress, perché la app è 8509838157 volte migliore di quella Blogger. Per il resto, Signor WordPress, temo che mi servirà un insegnante di sostegno, perché sono incapace a gestirti a livelli non contemplati prima.

Scusa, Blogger, io ti ho molto amato, perché ti capivo, eri comprensibile perfino ad una testa di minchia bionda come me, che a stento è in grado di premere il tasto di accensione del ferro arricciacapelli, per farlo riscaldare (e non sempre me ne ricordo e passo i successivi venti minuti a bestemmiare in sanscrito PERCHÉ STO COSO DIMMERDA NON FUNZIONA?!”)

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È che a me le cose facili non sono mai piaciute, caro Blogger. E quindi mi ritrovo qui, davanti a questo editor noto soprattutto per la possibilità di aggiungere plugin, senza capire dove cazzo stiano, questi benedetti plugin. Machemmifrega?! La tastiera è sempre quella, anzi qua ci sono pure già inseriti i caratteri speciali, così non devo farmi venire le crisi per scrivere la “e” maiuscola con l’accento. Che poi, il 2015, le sonde su Marte, le macchine ad idrogeno, la domotica e qua io ancora non ho la “e” maiuscola accentata sulla tastiera. Ho il simbolo “ç”, ho perfino il simbolo “§”, che Dio solo sa cosa voglia dire  (sono quasi certa che non compaia nemmeno in “Metodo semplificato per la lettura delle Antiche Rune”, quindi è molto probabile che sia un segno convenzionale del maligno), MA NON HO LA FOTTUTISSIMA E MAIUSCOLA ACCENTATA. Due cose dovevate fare, scienziati intellettualoidi dei miei coglioni: inventare il teletrasporto e mettere la “e” maiuscola accentata sulle tastiere. No, voi espandete l’ASCII, vi inventate la codifica a 16 e 32 bit dei caratteri per rappresentare gli ideogrammi cinesi, ma la “e” maiuscola accentata sulla tastiera non siete in grado di metterla. Chevvipossino, scienziati burloni che non siete altro.

Vabbè quindi, bando alle ciance. Sono qui per una dichiarazione di intenti. Seguirà lunghissimo giro di parole, prima di arrivare alla dichiarazione medesima.

Siccome io sono nata stanca, sono pigra, infingarda e baso la mia vita sul potente motto del “mi scoccio”, dico che faccio le cose e poi finisco sempre per non farle. Allora, siccome io DEVO farle, perché in realtà lo voglio, ma sono affetta da pesoculismo cronico, vi elenco di seguito i post che intendo scrivere nei prossimi giorni. Non mesi, non anni, non in un imprecisato futuro spazio-temporale. DEVO scriverli nei prossimi giorni:

– Storia di Storie: un progetto BELLISSIMO, pazzesco, con un potenziale altissimo, ideato da una persona dolcissima, che stimo ogni giorno di più. Intanto vi lascio il link https://storiadistorie.wordpress.com/

– Home Decor: ovvero essere poveri e voler rendere instagrammabile la propria camera.

– Rubrica Pinterest: essendomi autoeletta reginetta incontrastata di Pinterest, ho pensato che tipo una volta al mese potrei sottoporvi le cose che più mi sono piaciute, riguardanti varie categorie che sono ancora da stabilire, ma se avete idee, sparate pure.

– Libri: io non vi parlo mai dei libri. E questa cosa non va bene. Non che io sia un’esperta, però proprio per questo, sottoponendovi le mie riflessioni, potrei avere spunti interessanti.

– Beauty: anche questa vorrei che diventasse una rubrichetta. Qui, però, più che mai gradirei il vostro aiuto. Ci sono argomenti specifici che vi interessano? Qualcosa che più di altro vi crea grattacapi, dubbi, difficoltà? Chiedete e vi sarà scritto.

– Alimentazione: ci siamo, è QUEL  periodo dell’anno, quello in cui ritornano le anZie per l’imminente prova costume. Stufa di leggere minchiate in giro per la socialmediablogosfera, ho deciso di parlare dell’argomento a modo mio.

Ecco qua. Questi sono i miei piani. Adesso tocca a voi: dovete lamentarvi, cagarmi il cazzo, minacciarmi di mutilazioni e di farmi vestire Desigual per i prossimi dieci anni, in caso non mi sia una mossa a scrivere e non mantenga la parola data. Su, datemi il mignolo, pinkie promise.

Social Media Kella: un post polemico

Sono una che sui social è arrivata molto tardi e in maniera molto ingenua. Probabilmente troppo. E infatti ci ho messo un bel po’ a prendere le misure, a capire se e come esprimere la mia opinione, a creare legami sani.

Quando ho aperto questo blog, l’ho fatto senza velleità alcuna. E a tutt’oggi, non penso che mi possa portare da qualche parte. Scrivo perché mi piace, spesso perché ne ho bisogno. Ogni tanto scrivo per esercitarmi nell’articolare un pensiero o un’opinione. 
Mi piacerebbe scrivere per “lavoro”? Sicuramente sì. I social mi sono serviti a riscoprire una passione che avevo messo via a lungo, relegata a mero sfogo delle frustrazioni nei miei momenti più bui. 
Mi sono serviti anche ad allenare una attitudine che possiedo per natura: l’attitudine all’osservazione. Io sono profondamente affascinata dalle persone, dal loro modo di ragionare, dalle relazioni che intessono ed i social sono una miniera d’oro in questo senso.
Puoi vedere menti ribollire, amicizie stringersi, odio insorgere, fenomeni nascere.
Ci sono, però, sui social anche cose che mi avviliscono profondamente. Per esempio il fatto che il “successo”, sulla socialmediablogosfera, sembra molto spesso andare a braccetto con una forma di prepotenza ed arroganza.
Io, per natura, sono una che col cazzo mi metto ad alzare la voce, piuttosto resto nel mio angolino a farmi schiacciare da quelli che, piantato il loro bel piedistallo, ci montano sopra e mettono in scena il loro teatrino. 
Io non sono capace di farlo, ma poi mi lamento del fatto che nessuno si accorga di me. Però, se mi si nota, faccio di tutto per sminuirmi e rendermi piccola e inutile, fino a sentirmici davvero e a nutrire così le mie stesse frustrazioni.
Non sto bene nella massa, ma odio avere i riflettori puntati addosso. Ha senso?

Insomma è un po’ di tempo che osservo, leggo e rifletto. 
Spesso mi domando quale sia quel quid che determina la popolarità, il successo di un blog, un account o che so io.
L’aspetto fisico conta, certo, ma non è tutto. Le ragazze oggettivamente belle, sulla socialmediablogosfera, le bonazze, ammiccanti e sempre un po’ discinte in maniera fintamente casuale, hanno decine di migliaia di follower, ma non si può dire che siano figure di successo. Il 90% di chi le segue, usa i loro profili alla stregua di una succursale di YouPorn e, probabilmente, non sarebbe in grado di distinguerli l’uno dall’altro. 
Allora è una questione di contenuti? Verrebbe da dire di sì. E invece.
Sulla socialmediablogosfera esiste una sottile quanto ineludibile  linea di demarcazione: chi non l’ha superata, deve effettivamente  produrre contenuti di qualità quantomeno buona, per avere un riscontro. 
Chi quella linea, al contrario, l’ha già superata, ha successo a prescindere da ciò che produce. Ad un certo punto quello che si scrive diventa meno importante di chi lo scrive. È la persona a dare successo all’idea e non l’idea a dare successo alla persona. Ecco, io questo non lo sopporto. Mi fa venire le bolle e voglia di urlare e l’epistassi per la pressione alta.
Il gradimento va guadagnato. 
E non bisogna confondere il gradimento con l’approvazione: posso non approvare un’idea, non essere d’accordo, ma trovarla espressa in una maniera coerente, motivata e per questo apprezzabile.
Insomma questa cosa che chi più alza la voce vince a me disturba. Eppure sembra pagare.
La polemica paga, i toni fuori dalle righe e le sentenze lapidarie pagano. 
C’è solo una cosa che sulla socialmediablogosfera sembra pagare di più: il sesso. Ma questo argomento merita di essere trattato separatamente. 
Il punto è che spesso, superata la famosa linea di demarcazione, sembra che tutto si riduca al “basta che se ne parli”.
Col cazzo! Io non sono d’accordo. Non mi sta proprio bene.
Non credo ci si possa permettere di dire tutto e di dirlo senza argomentazioni, solo perché si sa di essere nella condizione di chi è ascoltato, ma non contraddetto. Non credo si possa decidere di esporsi e al contempo trincerarsi nel silenzio o nell’insulto, nel caso in cui vengono espresse obiezioni o mosse critiche. A chi la linea di demarcazione non l’ha superata (e che quindi non è parte del sistema) questo non è concesso. E, se è vero che la socialmediablogosfera è democratica, questo vuol dire che tutti, indipendentemente dal loro status, devono prendersi la responsabilità del proprio pensiero e di come questo viene espresso. 
Il sottrarsi a questo principio vuol dire distorcere le regole del gioco, dopo averle usate per procurarsi uno spot privilegiato.
Sia chiaro, chi segue un personaggio della socialmediablogosfera, pur schifandolo, per il solo gusto di passare il tempo a perculare, insultare e disprezzare, non solo è altrettanto deprecabile, ma perfino patologico, a parer mio.
Ciò non toglie che io continui a infastidirmi davanti all’esasperazione, al diventare caricature di se stessi, solo per poter far parlare di sé.
Il valore del silenzio, sulla socialmediablogosfera, è quantomeno sottovalutato. Ma anche questa è un’altra storia.