Assoluta e avvilente assenza delle normali o necessarie capacità.
Comunque, c’è stata quest’epoca in cui l’unica cosa che facevo nella mia vita era vegetare. Perlopiù dormivo di uno strano sonno. Un sonno che non riposava e sembrava non bastare mai. Se non dormivo, me ne stavo a letto con gli occhi chiusi. Il desiderio di cancellare il mondo fuori, oppure di cancellare me stessa.
Avvilente. Assenza della capacità di.
Non volevo andare in nessun posto, non volevo vedere nessuno.
Che sembra la stessa cosa e invece non lo è.
Quando li aprivo, piangevo. Nel mio solito modo ordinato e silenzioso, sviluppato in anni di pianti notturni, di dolori segreti e pareti sottili. Oppure solo frutto di un’ attitudine. Alla riservatezza, al timore di disturbare, di infastidire, di essere giudicata -giudicarmi- debole, indifesa. Di fare pena. Fatto sta, che si contano sulle dita di una mano le persone che mi hanno vista piangere.
Avvilente. Assenza della capacità di.
Piangevo per la solitudine. Perché era triste che tutto ciò che fossi in grado di fare fosse stare stesa a dormire e, tuttavia, non ero in grado di fare altro. Piangevo per invidia, di quelli che la mattina si alzavano, andavano a scuola, facevano sport, incontravano gente, si innamoravano. Piangevo perché io avrei voluto essere come loro e invece riuscivo solo a stare a letto, dormendo uno strano sonno.
Ma soprattutto piangevo per il dolore di vedere le persone che mi volevano bene arrabbiate, disperate, deluse dal fatto che tutto ciò che ero in grado di fare era stare a letto a dormire.
Avvilente. Assenza della capacità di.
Per la figlia è uno shock, perché mai vorrebbe vedere sua madre torcersi le mani così, alzare la voce, scagliarle addosso cose, gridare forte forte e disperarsi. Mai vorrebbe vederla accasciarsi su una sedia, in preda al pianto e all’avvilimento. La figlia non vorrebbe essere rotta, se non altro per far contenta sua madre. Ma non sa fare altro che stare a letto e dormire, di un sonno che non la riposa, che la fa svegliare stanca e triste. E si arrabbia con se stessa, perché non sa fare altro, e con sua madre, perché non capisce che lei lo farebbe, ma non sa farlo.
Avvilente. Assenza della capacità di.
Penso di aver capito solo in questi giorni la disperazione di mia madre. Ho percepito chiaramente la rabbia che monta mentre sei costretto a stare a guardare la sofferenza dell’altro. Ho capito la sua insistenza nel tentare di scuotermi. Il parlare, dicendo cose a caso pur di riempire il mio silenzio ostinato e ostile, pieno di sensi di colpa. La frustrazione davanti ad un dolore che non puoi alleviare, non puoi neanche capire fino in fondo. Ho capito che è umano senso di protezione, amoroso tentativo di mettere fine a quella sofferenza. Ho capito la bocca che schiuma e la voglia di strapparsi i capelli e fare a pezzi tutto.
Io stavo male e lei era impotente.
Oggi mi sono dimenticata di essere stata dall’altra parte.
Ho sbagliato ancora.
Avvilente. Assenza della capacità di.