
Una passione che mi accompagna da diversi anni ormai, da quando ho abbandonato le Smemoranda cicciotte e immancabilmente piene di scritte.
Le trovo maledettamente belle. Essenziali, compatte, hanno un che di romantico. Non sono una fan dei loghi, dei colori. Il mondo potrebbe tranquillamente essere in scala di grigi, per quanto mi riguarda. Le Moleskine inevitabilmente incontrano il mio gusto.
Ho l’insana abitudine di voler scrivere sempre con lo stesso colore, se non proprio con la stessa tipologia di penna. Quest’anno mi sono fissata con un pennarello dalla punta sottilissima, grigio. Il nero mi sembrava creasse un contrasto troppo forte, che tracciasse linee troppo nette, troppo dure. Il grigio mi dà una sensazione di maggior morbidezza. Sì lo so, sanità mentale, questa sconosciuta.
Uso la giornaliera, in formato grande. L’ho bramata a lungo bianca, ma non sembrano volermi accontentare. Signor Moleskine, per piacere, producimi l’agenda giornaliera bianca in formato grande, please.
Il rosso lacca lo amo, ma non mi dona. Cerco sempre colori con base blu, tipo fuxia o burgundy.
L’ultima passione è il Rimmel Lasting Finish by Kate Moss, numero 107.
Colore meraviglioso, texture confortevole, non se ne va in giro per la faccia e dura un’eternità.
Grazie Kate.

Ad ogni modo, quando decido di avere l’impellenza di perdermi in una storia, finisco sempre a rivolgermi a Dostoevskij e Tolstoj. Non so come sia nato questo amore per i classiconi russi. Non sono un’esperta, non ho letto tutto quello che ci sarebbe da leggere, non ho motivi “sovrastrutturali” a spingermi verso questo tipo di romanzo.
Però non mi lasciano mai delusa.
Gli autori francesi, per esempio, finiscono quasi sempre per annoiarmi. Per leggere “I Miserabili” ci è voluta tutta la mia forza di volontà, per dire. Invece dalle pagine de “L’idiota” non riuscivo a staccarmi.
Al momento sono alle prese con “Guerra e Pace”. Sei arrivata a venticinque anni senza averlo mai letto? Sì, me ne vergogno parecchio, ma è così. Chiedo venia.
Credo fermamente che stare in casa non sia una buona ragione per diventare un tutt’uno col pigiama di pile. In effetti non ho pigiami di pile con cui diventare un tutt’uno, ma questa è un’altra storia.
Le parigine sono diventate la mia divisa invernale. Sono calde, sono comode e sono graziose. Il che non guasta. Il trucco sta nel trovare un modello che non stringa sulla coscia, ché l’effetto cotechino è dietro l’angolo e no, grazie, ne facciamo a meno. Le abbino quasi sempre con gli shorts, di jeans o di pelle. E magliettone o felpone o megamaglioni.
Qui andrebbe aperto il doloroso capitolo della mancanza di fidanzato a cui rubare suddetti capi. Perché è ovvio che io felpone e magliettone con le stampe dei fumetti non le comprerò mai. I maschi le comprano, le femmine le rubano. Mi sembra piuttosto banale dirlo, ché qua già ci roviniamo il portafoglio con l’intimo di pizzo e non è che possiamo fare tutto noi, eh.

Anni fa (oramai un bel po’ di anni fa) sono stata in Russia con Madre e la mia insegnante di danza. Per me fu un viaggio particolare. Per il momento che vivevo, per le cose che ho visto, le persone che ho incontrato. Perché è stato l’ultimo viaggio fatto con Madre e l’unico fatto sole io e lei.
Pochi mesi dopo essere tornata, ho mollato la danza. Mai più messo piede in una sala prove. Una storia d’amore interrotta bruscamente.
Quando anche l’altra storia, quella di Madre, si è interrotta con altrettanta brutalità, mi sono ritrovata a giochicchiare con dei vecchi ricordi. Ne è venuta fuori questa sagoma, ricalcata da una foto di Sylvie nei panni di Odette. Un pezzo di carta che sta lì, sulla mia bacheca, da allora. Ogni tanto lo guardo e mi viene in mente la danza, la Russia, la mamma.
E penso sempre che, semmai mi facessi un tatuaggio, sarebbe quella sagoma lì.
Amo i tatuaggi, almeno certi tipi di tatuaggi. Però non ne ho. Né tatuaggi, né piercing e nemmeno i buchi alle orecchie. Non saprei nemmeno se sia una cosa fattibile, se sia poi bello, dove farlo, come fare a farlo, da chi andare. Però è da un po’ che accarezzo l’idea.
La vera ossessione di questo periodo.
Di quelle canzoni che fanno sanguinare il cuore e stringere fortissimo i denti. Quelle che ti prego, fa che pensi a me in quel modo lì.
C’è la vita e l’amore. C’è che sei tutto quello che mi serve. C’è che corri qua, non c’è tempo per fermarsi a spiegare, a parlare. C’è che tutto fa schifo e siamo stanchi, ma siamo io e te abbracciati stretti e c’è il mare e allora va bene.
‘Cause nothing matters in this whole wide world
When you’re in love with a Jersey Girl.
Quante belle cose! Le Moleskine le adoro anch'io, ci scrivo tantissimo! Peccato siano un po' care 😦 e Sylvie…va beh, è la perfezione! È bellissimo il disegno e l'idea del tatuaggio mi piace perché penso che un tatuaggio vada fatto perché ha un senso per noi, per la fine di qualcosa o per fissare qualcosa di solo nostro. Magari la farei più stilizzata, meno “piena”! E ti invidio le parigine, vorrei imparare a indossarle anche io ma un po' mi vergogno, un po' non so di che materiale prenderle e come abbinarle! Mi piaccionono come ti stanno! Bel post! :*
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Grazie Tania! Io la Moleskine cerco di farmela regalare 😉
Al tatuaggio ci sto pensando, se mi decido sarà certamente quello lì.
Io le parigine le uso di “lana”. Se con gli shorts ti sembrano troppo, sono molto carine anche con vestitini e gonne non inguinali, magari a fiorellini. E scarpe con poco o pochissimo tacco, io prediligo gli stivaletti.
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