Va male. Molto male.
Scrivo in maniera bulimica. Nel senso che non sono in grado di parlare – meno amcora del solito – e allora continuo a buttare giù tonnellate di parole scritte.
Scrivo in maniera bulimica. Nel senso che non sono in grado di parlare – meno amcora del solito – e allora continuo a buttare giù tonnellate di parole scritte.
Sono due giorni di telefonate assurde. Nonna mi chiede come sto e io balbetto qualcosa e scoppio a piangere e allora piange anche lei.
Quando le ho detto che non riuscivo a partire, ha pianto fortissimo. Quando le ho detto che sono una buona a nulla ancora di più. Ho dovuto scrivere a Fratello per assicurarmi che fosse a casa e la calmasse.
Penso che questa sensazione di film già visto, di vita già vissuta ce l’abbia anche lei.
Quando le ho detto che non riuscivo a partire, ha pianto fortissimo. Quando le ho detto che sono una buona a nulla ancora di più. Ho dovuto scrivere a Fratello per assicurarmi che fosse a casa e la calmasse.
Penso che questa sensazione di film già visto, di vita già vissuta ce l’abbia anche lei.
Tremo tutta, continuamente.
Manco completamente di concentrazione. Ho un unico pensiero. Le mani un po’ ruvide, una bocca sempre imbronciata e due grandi occhi blu.
Manco completamente di concentrazione. Ho un unico pensiero. Le mani un po’ ruvide, una bocca sempre imbronciata e due grandi occhi blu.
Questa cosa di vivere tutto con dieci anni di ritardo rende tutto estremamente ridicolo. Perché dovrei essere un’alta che sa controllarsi. E invece no.
Ogni tanto (sempre ) penso a come debba essere avere una vita normale. Di quelle in cui ci sono una mamma e un papà che, via via che cresci, riacquistano la loro libertà e i loro spazi. Quelle vite in cui concludi la scuola dignitosamente, ti laurei con un ritardo socialmente accettabile, tipo un anno, massimo due. Quelle vite in cui vai a fare le vacanze in un posto caldo e divertente in estate e il capodanno con gli amici. Quelle vite in cui ti alzi la mattina e non hai paura di uscire dal letto. In cui iniziare a far qualcosa di nuovo, comporta quel timore normale e non la paralisi totale.
Io ho ventisei anni e non sono in grado di fare nulla. Sono una completa nullità. Non mi sono ancora laureata, non so lavorare. Sono terrorizzata all’idea di dover stare molte ore fuori di casa, di non avere il controllo sul mio tempo. Sono terrorizzata dalla possibilità di sentirmi male, di svenire, di vomitare o, peggio ancora, dal diventare, come spesso mi succede, pallida pallida, tremante e con il cuore che sembra scoppiare nel petto. È la prospettiva che mi atterrisce più di tutti perché non la so spiegare agli altri. Non so dire cosa ho. E nemmeno sono in grado di nasconderla e di mascherarne i sintomi.
È una solitudine completa. Perché non c’è prospettiva.
Sai che, finché sarai così, non potrai stare vicino a nessuno e nessuno ti vorrà vicino.
E invece vorrei solo che avessi la forza di venirmi incontro.
Ma non ce l’hai. E non è colpa tua. Sono io quella rotta. E tu meriti il meglio, non una persona rotta.
Sai che, finché sarai così, non potrai stare vicino a nessuno e nessuno ti vorrà vicino.
E invece vorrei solo che avessi la forza di venirmi incontro.
Ma non ce l’hai. E non è colpa tua. Sono io quella rotta. E tu meriti il meglio, non una persona rotta.
Ciao broncio dagli occhi blu e le mani ruvide.
Leggendoti mi è sembrato di ascoltare quello che spesso dico a me stessa.
Le mie non vogliono essere parole di conforto, vorrei solo sorregere uno specchio.
Guardati un pò.
Dici di non essere in grado di parlare eppure sembra che io stia rispondendo a qualcosa o sbaglio? Che importa se non c'è suono? Non sempre è necessario.
Piangi? E qual'è il problema? Il dolore si combatte con le lacrime, che siano due o due cisterne poco importa. Chi soffre in silenzio e senza nemmeno una lacrima me lo immagino come un futuro killer casuale, che per un ciao detto strano impugna una matita e te la infila nella carotide. Piangi Kella, piangi tanto e piangi bene che è uno dei pochi modi di rimanere “morbida” in mezzo ad un mondo tanto duro.
Passiamo alla vita normale. Sulla definizione di normalità potremmo aprire una parentesi che viaggia di pari passo all'equatore. Certo, è facile vedere la normalità in una vacanza al caldo d'estate o ad un capodanno con gli amici, in fondo è quello che ci hanno insegnato e che la stramaggioranza delle persone fa, ma sei proprio sicura che sia la tua di normalità? Io ho passato un capodanno così eppure avrei tanto voluto aspettare l'anno nuovo in un pigiamone alla Bridget Jones, davanti alla tv godendomi in solitaria la maratona di Tim Burton bevendo bollicine e mangiando schifezze. Eppure ho seguito scioccamente il branco senza ascoltare la mia esigenza di normalità. La normalità sei tu Kella, anche se volessi metterti a volteggiare in mutande in pieno centro città. E non lasciare che nessuno decida cosa è normale per te.
Smetti di importi di seguire degli iter che non sono i tuoi, prenditi il tempo che ti serve per fare qualunque cosa, non perdere la concentrazione e se ti vien da svenire fermati, fai un passo indietro, un bel respiro e un sorriso e guardati intorno perchè tutti abbiamo paura di un sacco di cose, delle novità e dei cambiamenti, e traballare, anche parecchio nel fare cose è sinonimo di sensibilità e di crescita continua.
Non aver foga, quella rovina sempre tutto e non guardar troppo chi ti sta vicino, per tanti è semplice mascherare la perfezione, che poi mica esiste, lo sanno tutti!!
Pensa che probabilmente non vedi la prospettiva perchè sei nell'angolo sbagliato. Metti un tavolo in mezzo alla stanza e salici sopra, fai un giro su te stessa lentamente e poi mi dirai se non è una gran figata!!
Va tutto bene Kella, non sei rotta, per niente! Tutto si affronta, non vorrai mica permettere ad un cuore scoppiettante, ad un tremore, ad una vomitata o a qualcuno di negarti la felicità vero? Naaaaaaaaaaaaa…
Ti abbraccio virtualmente
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Essere rotte non è una malattia, né una vergogna.
Succede che ci si rompa, semplicemente, e che poi ci voglia tempo per aggiustarsi.
La vita normale degli altri è normale solo vista da fuori. Poi forse la tua è meno normale OGGETTIVAMENTE, ma è la tua e non puoi fare altro che accettarla e viverla.
Per me non sei rotta, sei solo piegata da un dolore che non meriti, ma che supererai anche se ora ti sembra impossibile.
Ti abbraccio forte.
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A volte, Kella, essere rotti non è un difetto ma un valore aggiunto: capita che mentre ti riaggiusti, lentamente, pezzo per pezzo, insieme ai cocci finisca altro. Roba pinnabile, rosa cipria, più brillante della pelle di Edward Cullen al sole di Ferragosto.
Di certo essere rotti non è mai una colpa.
Continua a respirare forte, ad alzarti ogni mattina: un giorno, ne sono sicura, inizierà finalmente ad essere meno difficile del precedente.
Ti abbraccio.
Alice
https://vuotosincronizzato.wordpress.com/
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