Not Enough

La verità è che sto di nuovo facendo il conto alla rovescia.
Sembra che la mia vita sia destinata ad avere un tracollo tutti gli anni, da novembre in poi.
Conto di nuovo i giorni. Io non so mai che giorno è. Però in questo periodo lo so sempre.
Più si avvicina, più grande diventa il dolore. È tutto un pensare a cosa stavo facendo, rimettere in ordine ricordi, rivivere sensazioni.
È un dolore che non si spiega.
E che si somma sempre a qualche altro dolore. Ogni volta che credo che mi sia stata data la possibilità di  ricevere un po’ di sollievo, succede qualcosa che fa moltiplicare il dolore.
Mi ricordo odori di disinfettante, un colorito troppo giallo per essere sano. Le unghie che non avresti mai portato così lunghe. Mi ricordo il suono delle fiale avvolte nello straccio, perché non mi tagliassi mentre le aprivo. Tutte in fila sul comodino, un esercito di soldatini di vetro.
E sono giorni che fisso lo schermo del telefono, il colore delle spinte di Whatsapp, ché non ti puoi più sbagliare. Sono blu e tu non hai avuto risposta. Fisso lo schermo e penso a quelle ordinate file di fiale di vetro.
Penso che non è giusto che io sia condannata a perdere, sempre. Ad essere quella che resta, quella a cui viene detto che sì, è stato fatto tutto il possibile, hai fatto tutto il possibile, ma non è stato abbastanza.
Pensavo di potermi svegliare quella mattina e consolarmi col calore di un abbraccio. Soffrire ricordando il mio “sì, ma devo prima fare colazione”, guardandoti mangiare sul letto il succo all’Ace e i cookies con le gocce di cioccolato, con gli occhi pieni di sonno. Avrebbe avuto senso. Costruire qualcosa per il futuro, proprio quel giorno lì. Che a me il futuro me l’ha tolto.
Sono pensieri che si attorcigliano. Il fiato corto, il cuore che rimbomba in tutta la cassa toracica – bum bum bum.
Il sangue che pulsa, la testa che gira, la nausea. Aiuto, aiutami.
Sono stanca. Ti prego, aiutami. E non sai nemmeno più a chi lo stai chiedendo, se a lui che è lontano, con il corpo e con il cuore, se a lei che perché cazzo te ne sei andata e mi hai lasciato qui da sola? Io qua non ci so stare. Non ci eravamo arrivati ancora a questo capitolo, non era ancora finito il libro. Torna qua perché non è giusto e io sto male.
“Non ho mai conosciuto una persona forte come te”, così mi scrivesti. Ma io di forza non ne ho più, sono per terra con tutte le ossa rotte, perché mi hai portato in alto in alto, dove c’erano le stelle e la brezza leggera e i nuggets di pollo fatti in casa, e poi mi hai lasciato andare. Non sono abbastanza per rimanere lassù con te. Non ho più forza per rialzarmi da sola.
E oggi ho pensato, dopo tanto, tanto tempo, che se avessi davvero forza, se avessi davvero coraggio, non sarei più qui.

8 pensieri su “Not Enough

  1. Non ti conosco, eppure mi rivedo tantissimo nelle tue parole, nel grido disperato e del dolore.
    Sento aria di sconfitta nelle mie ossa e vorrei un abbraccio sincero di quelli che non tradiscono.
    Il lutto rimarrà una piaga, sanguinerà sempre un po' dentro di me.
    se posso, vorrei abbracciare io te, ora.
    io che sono così guasta dentro.

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  2. Ti avevo scritto un commento chilometrico, ma si è cancellato.

    Ci riprovo.

    Concordo, non passerà, ma sono convinta che ci si convive con dolori simili e, credimi, riescono persino a strapparti un sorriso tra le lacrime, quando, magari, piangi per un piccolo insuccesso nella vita, una delusione, una batosta.
    le persone non volano via, ma restano in quelle dolci abitudini che da loro abbiamo ereditato, nei rituali, nei modi di dire, di gesticolare, camminare. Non muoiono, non potranno mai spegnersi e tutte le metafore che si sono inventati per dirlo.
    Le amicizie e gli amori finiscono e scavano dentro vuoti, vero, ma a confronto, saranno sempre e solo graffi, perchè se hanno deciso di lasciarti significa che non potevano cullare il tuo dolore, ma che sapevano solamente riempirti le giornate di presenze intermittenti e quelle a noi non servono.
    dobbiamo selezionare gente intorno a noi e non elemosinare attenzioni, briciole, messaggi, chiamate. Lo dobbiamo a noi stesse.
    ti auguro il meglio, pur non conoscendoti.
    ti stringo piano, un ossimoro, lo so.

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  3. Gli ossimori sono tra le mie cinque cose preferite di sempre. Forse perché in fondo mi sento io stessa un po' un ossimoro.
    Siamo delle superstiti. In un modo o nell'altro, torneremo a respirare.
    <3

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  4. Uh che domanda bellissima! Vediamo, in ordine sparso: la pizza, la scuola russa di danza classica, i letti caldi da dividere in inverno e l'uso del grigio/nero per i vestiti, del bianco/taupe per l'arredamento e del pesca/metallo opaco per accessori e complementi (le ultime tre valgono come cosa unica,vero?)

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  5. Sì,le farò valere come un'unica cosa! (: mi sento una giurata severa quando dò queste risposte! Ahahah. Io amo un sacco di cose, non saprei elencarle, sarei troppo confusionaria. Le prime che mi vengono in mente: l'odore delle clementine e dei camini accesi, le risate a cose per le quali non pensavi di suscitare tanta ilarità, le rinascite interiori, il tè caldo ai frutti di bosc e gli abbracci che sorprendono, quelli caldi, sinceri, quelli che non avresti mai potuto prevedere.

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